NAPOLI – Il varo di norme «anti maestro unico» è stato annunciato dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, intervenendo agli Stati regionali della Scuola del Sud, promossi dalla Regione Campania a Castel Volturno (Caserta). «Stiamo vagliando – ha detto Vendola – la possibilità di impedire questo tipo di restringimento e regressione. L’ipotesi normativa è allo studio per prevedere il mantenimento di classi più docenti: questa traccia di lavoro, propositiva, non solo polemica, la proponiamo anche ad altri Regioni». Un’iniziativa che andrà avanti insieme con il ricorso alla Corte Costituzionale, che diverse Regioni stanno già preparando sul provvedimento di riordino della rete scolastica.
Dei provvedimenti Gelmini «La vittima principale è il Mezzogiorno d’Italia. Non bisogna dimenticare che le scuole nel Sud sono il principale presidio della legalità e della socialità. Avere una scuola in certe periferie è più importante che avere una caserma». «Nella reazione del Paese vedo una vistosa crepa del sistema di consenso del governo Berlusconi - ha sottolineato poi Vendola -. E comincio a vedere anche l’emergere di ripensamenti dentro la maggioranza. Mi pare che siamo di fronte ad un atteggiamento che comincia ad essere preoccupato».
Dal governo, in materia di scuola, sono stati adottati «provvedimenti che rappresentano una controriforma dell’istruzione, che sono un colpo ai pezzi pregiati della nostra pubblica istruzione, come la scuola elementare e l’idea dissennata di risparmio che con l’argomento degli sprechi e dei privilegi colpisce al cuore il sistema della pubblica istruzione - ha detto Vendola - finanziare la scuola – ha aggiunto – è uno dei doveri fondamentali, soprattutto in tempi di crisi economica e di recessione. E c'è dentro un’idea di società della paura che ingloba nei luoghi dell’educazione la mitologia di un passato dell’età dell’oro, dell’ordine, della disciplina: questo piccolo mondo antico del voto in condotta e del grembiulino che è proprio un paradigma di una scuola che educa all’obbedienza nei confronti della società della precarietà. Questo corto circuito è insopportabile». |