RESTRINGIMENTO DEGLI SPAZI DEMOCRATICI E CRISI DELLA RAPPRESENTANZA SOCIALE
di MICHELE DICOSOLA, VICE PRESIDENTE PROVINCIALE ACLI BARI - BAT
riceviamo e pubblichiamo
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In un momento storico, come quello che viviamo, la società italiana registra una forte spinta all’individualismo, evidenzia una fragilità nei rapporti che porta le persone a vivere in solitudine le sfide e l’insicurezza del futuro. Abbiamo bisogno di promuovere aggregazione sociale, solidarietà e senso civico.
Per questo la responsabilità delle aggregazioni storiche (partiti, sindacati, associazionismo in genere) è quella di puntare a costruire la comunità, per evitare il rischio di perdere una idea partecipata e condivisa del nostro futuro.
Insieme ad una crisi economica stiamo vivendo una crisi della rappresentanza sociale. Nelle ultime elezioni regionali del 2015 i cittadini che non sono andati a votare si avvicinano al 60% dei votanti (aggiungeteci le schede bianche e nulle e capite quanto è esteso il fenomeno).
A livello nazionale – e in questo anche il governo Renzi non si distingue in positivo – non si tende ad allargare gli spazi della democrazia ma a semplificare quelli della “governabilità” con uno svuotamento ideale e progettuale dei partiti tradizionali e dei movimenti. La declinante capacità di guida e di leadership dei partiti viene sostituita dalla tentazione di occupare istituzioni e settori dell’economia.
Anche le nuove istituzioni europee dimostrano l’estrema lontananza dalle comunità che governano e la grande sensibilità verso i poteri forti.
L’impegno politico è sempre più scarso, intermittente e superficiale. La mancata acquisizione di una stabilità sociale ed economica determina una ritardata assunzione di responsabilità sociale, civile e politica. Inoltre, favorisce una sfiducia nelle istituzioni sociali e politiche viste come distanti e poco interessate alle problematiche sociali.
La crisi della partecipazione nelle organizzazioni storiche è dato dal fatto che queste sono controllate da poche persone che non permettono una “libera circolazione delle idee”, soprattutto quelle che si caratterizzano per la loro lontananza dalle posizioni dominanti. Decisioni assunte da pochi (spesso da uno solo) senza un reale confronto con gli altri. Per questo vi è poca stima verso le organizzazioni che definiremmo storiche.
Emblematiche ne sono state la cosiddetta “riforma della scuola” e l’attuazione dell’area metropolitana, per quanto ci riguarda quella di Bari.
La riforma della scuola è stata decisa dal governo senza un confronto reale con sindacati, insegnanti, studenti e famiglie. E quando sembrava avviato il confronto la riforma è passata alle due Camere per accordi sottobanco fatti fra “gruppi di potere” che attraversano trasversalmente maggioranza e opposizione. L’ufficializzazione del “gruppo” Verdini, registrato in questi giorni, nel passato in Parlamento spesso e volentieri è servito a soppiantare all’interno della maggioranza di governo coloro che la pensavano diversamente dal capo.
L’attuazione dell’area metropolitana è avvenuta senza un reale coinvolgimento delle comunità coinvolte ed una indicazione del ruolo che queste avrebbero avuto in essa. Realizzata in maniera baricentrica ha visto comunità estromesse perché si è limitata ad una mera spartizione senza condivisione dei programmi e dei percorsi, né è risultata “rappresentativa di tutto il territorio”.
Rileviamo, comunque, con sempre maggiore frequenza, forme di partecipazione non convenzionali più vicine alle giovani generazioni e a quei settori resi marginali della nostra società: disoccupati espulsi dal mondo lavorativo, donne, famiglie con problemi economici, immigrati, ecc..
Questi soggetti presentano una scarsa se non inesistente partecipazione elettorale o identificazione di partito. Per questo le Acli sentono di dover rappresentare questi segmenti di società che si sentono fuori e molto lontani dai centri decisionali. Per questo chi si impegna seriamente nel sociale deve essere capace di dare nuove risposte ai nuovi bisogni sociali. |
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30/07/2015 |
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