Nel mese di novembre l'Associazione Culturale di Cittadinanza Attiva “L'ALTRA VIA” ha partecipato in qualità di partner al progetto europeo YIA 1.1 in Macedonia Youth Acting for Europe, un progetto di inclusione sociale per giovani sordi provenienti da Italia, Romania e Macedonia. Di seguito vi proponiamo il diario di viaggio di Luca e Marina, due mani che insieme riscrivono i giorni trascorsi in Macedonia, due punti di vista che alla fine convergono in un'unica mission: la lotta per il riconoscimento della lingua dei segni come lingua ufficiale!
Buona lettura!
LUCA:
Nel '900 un giovanissimo Federico Fellini si definiva "un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo", proprio lui, uno dei più grandi sceneggiatori e registi italiani nel mondo, ha espresso la sua idea sulla diversità della comunicazione affermando: "un linguaggio diverso è una diversa visione della vita" e di ciò nulla può essere messo in discussione, a parte che non si viva la condizione di essere sordi e di non avere la propria lingua riconosciuta ufficialmente a livello planetario.
Macedonia:
Una Europa rappresentata da tre nazioni, la nostra Italia attraverso l'associazione L'altra Via di Triggiano, la Romania e il paese ospitante del progetto, la Macedonia; dieci giorni rapidi come una lucertola in fuga ma pieni di pathos come di norma negli spettacoli teatrali.
Youth Acting for Europe, un progetto di scambio europeo promosso dall'associazione macedone Krik e incentrato principalmente sul "fare teatro" come mezzo di inclusione sociale ed espressione di sè per giovani sordi dai 18 ai 25 anni.
Venerdì 8 Novembre, il viaggio ha inizio al porto di Bari, dove un traghetto con destinazione Durazzo (Albania) è in partenza per navigare le acque dell'adriatico in una serata molto tranquilla, tra le perpetue onde che ci cullavano piacevolmente. Eleonora, Giuseppe, Ilaria, Marina sono perfetti sconosciuti per me, ci siamo presentati solo da circa mezz'ora e sembra già di conoscerli da tempo, come un gruppo destinato a viaggiare insieme per anni. Ilaria e Giuseppe, sordi entrambi, sono una coppia fantastica, ci mettono fin da subito a nostro agio facendoci capire che essere sordi non è stato facile in adolescenza, ma l'amore, la voglia di scoprire e di viaggiare li ha aiutati a riempire il loro bagaglio culturale, formandoli notevolmente al vivere civile e rispettoso più di ogni altra persona. Eleonora è il punto di incontro tra la lingua parlata e la lingua dei segni, l'interprete che ci avrebbe salvato dall'imbarazzo, quell'imbarazzo che in realtà è scomparso già dopo i primi minuti, anche grazie alla loro capacità di leggere il nostro labiale. Marina è il leader, la guida, è il punto di riferimento per ogni eventualità, è la bandiera che sventola davanti al gruppo ma mai si permette di procedere senza prima accertarsi che tutta la ciurma sia lì con lei.
Io, invece, sono fermo qui sul passaggio ponte ad osservare intensamente i loro discorsi, pronunciando qualche parola sporadicamente per essere parte attiva, cercando una simbiosi tra l'ascoltare e il guardare lo scorrere naturale di quelle conversazioni interessanti.
Nove ore di viaggio ed eccoci a Durazzo, due autovetture ci aspettano per accompagnarci in Macedonia, siamo pronti alle prossime ore di un lungo viaggio in terra balcanica, tra paesaggi mozzafiato e buche stradali niente male, attraversando i confini nazionali con i nostri documenti in tasca.
Un'insegna stradale ci dice che siamo arrivati a destinazione, siamo a Ponikva, la nostra avventura sta per avere inizio. Scendiamo dai taxi con le nostre valige e subito ci accolgono a braccia aperte, abbracci, sorrisi, felicità e stanchezza in un mix eccezionale. Posiamo i bagagli e ci dirigiamo nella plenary room, la sala d'incontro, e subito incrociamo gli occhi curiosi di tutti gli altri partecipanti già seduti li a segnare tra loro. Il mio cuore batte forte ora, è pronto per questa nuova esperienza e non vede l'ora di cominciare, domani, dopo aver riposato.
Era il “primo” giorno effettivo per noi italiani, alle ore 9 era prevista la colazione, ci portavano solitamente uova, formaggio e qualcosa di fritto per mettere allegria, alle 10 si iniziava con l' ”energizer”, un momento collettivo di risveglio muscolare e joga o di giochi di movimento e di conoscenza all'aperto, alle ore 10.30 si avviavano i lavori di apprendimento o di rappresentazione folkloristica, necessari alla realizzazione teatrale conclusiva, e procedevano fino alle 18.30, intervallati dalla pausa pranzo, sempre piacevole ma mai estremamente rilassante, e il coffe break pomeridiano, utile a rinfrescare le menti e a riscaldare i nostri corpi infreddoliti dalle temperature invernali.
I primi giorni si dimostravano essenziali per conoscerci e per instaurare un rapporto di lealtà e fiducia tra i gruppi delle tre nazionalità e tra i partecipanti di ogni singola nazione. Iniziavamo a ricordarci i nomi, le età e la nazionalità, anche grazie ad un sistema di conoscenza con i segni a dir poco infallibile: ognuno di noi si era presentato con il proprio nome e con un nome-segno, che serviva ad indicare di chi si stesse parlando, l'attenzione di chi si ricercava, chi si voleva interpellare e così via...
Mi avevano già attribuito il nome-segno personale, non era altro che un movimento delle dita, chiarificatore, leggero e marcato del mio “possedere” dei baffi insoliti; e come me anche gli altri possedevano il proprio segno identificativo.
Giuseppe aveva voglia di poter insegnare, unitamente a ciò, le basi della lingua internazionale dei sordi a tutti i partecipanti e ai leaders per poter comunicare sulla stessa lunghezza d'onda, mostrando particolare attenzione alle espressioni e alla mimica facciale. Tutti parevano apprezzare il concretizzarsi di tale volontà e divenne uno dei momenti più belli dello stare in sinergia, opinione riscontrata al termine delle prime giornate durante i gruppi di riflessione atti alla determinazione del lavoro svolto fino a quel momento.
Iniziavamo a renderci conto delle capacità e delle volontà di ognuno di metterci in gioco, di essere collante tra i gruppi, di essere fautori dell'inclusione, di essere ognuno complementare dell'altro e ne approfittammo per migliorarci.
È il quarto giorno, oggi si inizia a lavorare sul serio alla rappresentazione teatrale da mettere in scena l'ultimo giorno a Skopie, capitale della repubblica di Macedonia, una città costituitasi dopo lo scioglimento della Jugoslavia nel 1991 e che ha visto il succedersi di popolazioni romane, slave, bizantine, bulgare, normanne, serbe e infine turche.
La Romania sta provando un ballo nazionale da poter mettere in scena, noi italiani ridiamo e scherziamo come al solito e uniamo la pizzica ad un ballo di gruppo per dare spettacolo, mentre la Macedonia tenta di inscenare il procedimento per la realizzazione di un piatto tipico macedone. Sui volti c'è soddisfazione, si legge la voglia di impegnarsi, la volontà di poter esprimere se stessi in una rappresentazione di usanze e balli della propria nazione.
MARINA:
Ma all'improvviso qualcosa cambia... è il quinto giorno, c’è fermento tra tutti i ragazzi...un'esigenza diversa agita i loro cuori, una voglia di riconoscimento, una voglia di "gridare" al mondo la propria situazione sociale...ed e' così' che nasce una nuova proposta: gli spettacoli saranno due, uno dei quali frutto del confronto e condivisione delle loro idee! Un pomeriggio gravido di brainstorming e attività' guidate da Giuseppe e Ilaria. Siamo tutti fuori, noi udenti. Non c'e' spazio per le traduzioni, fuori, tutte le perdite di tempo. I ragazzi vogliono agire. Dal quel giorno ognuno conobbe il proprio spazio...io guardavo in un angolo quell'energia prender corpo e spiccare il volo. Sentivo ogni cellula del mio corpo vibrare e perdersi negli sguardi lucidi dei miei compagni; Eleonora e le sue ambizioni raggiunte, il suo amore per la LIS ora riconosciuto; Luca protetto dalla sua reflex e il suo sorriso contagioso, lo sentivo arrendersi...sopraffatto dalla gioia di vedere il gruppo camminare da solo. Così' ebbe inizio l'avventura delle avventure...il secondo spettacolo, frutto della vita, frutto della verità che passava attraverso i loro corpi...corpi di uomini e donne che vivono ogni giorno lottando per il rispetto e il diritto di ogni essere umano di essere riconosciuto come creatura vivente. Essere sordi nella società moderna. Cosa significa, quali gli ostacoli, quali le vittorie...?I giorni a seguire fu come andare a scuola per la prima volta, come aprire il baule di Pandora...un turbinio di emozioni e voglia feroce di imparare tutto sul mondo dei sordi. Gli spettacoli furono l'esito strepitoso di un intenso percorso...come uno di quei sogni cha si fanno all'alba e ti lasciano in bocca l'appagante sensazione del ricordo!
Ultimo giorno...dormiamo in una scuola per sordi...all'interno c' e' un piccolo teatro...avrei voluto stendermi su quel palco per rivedere fotogramma per fotogramma questa splendida avventura...avrei voluto rallentare il tempo...fermarlo per risentire l'intesita' di ogni abbraccio...ogni addio!
Lasciamo la Macedonia, attraversiamo in macchina il Kosovo e raggiungiamo l'Albania... Queste montagne teatro di stragi e guerre mi danno coraggio... Dopotutto loro sono ancora li ferme che si stagliano verso il cielo. La nave sta per salpare...il fragore delle onde e delle risa dei miei compagni mi riscaldano il cuore, mi avvicino, mi abbracciano e siamo gia' in mare aperto. Ho partecipato a tanti progetti europei, ho accompagnato tanti ragazzi all'estero ma e' la prima volta che mi sento cosi' Ho una strana inquietudine nel cuore, li guardo e cedo alla commozione: ok ragazzi il progetto e' ufficialmente finito...ma la nostra amicizia e' appena iniziata! Guardo le stelle e penso, ora abbiamo una responsabilità più grande: sposare la lotta per il riconoscimento della LIS come lingua ufficiale...scender in piazza e contagiare di entusiasmo le nostre città. |